Alcuni tratti della personalità creano un terreno favorevole
per l’emergere alla violenza come ad esempio l’impulsività, l’instabilità
emotiva e il bisogno di gratificazioni immediate; spesso personalità insicure
con scarsa stima di se e avide affermare la loro importanza possono ricorrere
alla violenza; vi sono poi fattori che
aumentano questa fragilità personale come ad esempio il peso della storia
personale l’eccessivo consumo di alcol e di droghe, certe patologie mentali
come la schizofrenia. Il fatto che si sia abbassato l’età degli aggressori
significa che lo stilo educativo e l’influenza dei genitori nel corso dell’età
evolutivo è importante, perché le insufficienze cure dei genitori le minacce e
le punizioni corporali creano un clima favorevole allo sviluppo di una
personalità violenta, come pure apre la strada alla violenza di cedere
alle richieste dei figli. E stato dimostrato che le lesioni in alcune
zone del cervello predispongono alla violenza e generalmente si ammette una disfunzione
del sistema nervoso possa dare luogo ad un comportamento psicopatico. Per quanto
riguarda il fattore esogeni ovviamente è importante considerare il contesto
socio culturale. In alcune società la violenza e considerata normale e
necessaria per raggiungere obbiettive in campo lavorativo scolastico o
famigliare e in questo contesto i giovani crescono con convinzione che non è
sbagliato ricorrere alla violenza per raggiungere determinati obbiettivi. Altre,
invece, città (società) stabiliscono dei limiti all'uso della violenza e
prevedono delle sanzioni per coloro che vi ricorrono, anche se poi si rivelano
incapaci di far rispettare le regole. Inoltre tra i fattori esogeni dell’aggressività
gli restano particolare importanza le caratteristiche fisiche degli ambienti:
più un luogo è freddo e ritenuto ostile più le persone si sentono insicure e sono
portate a difendersi e a controllare l’ambiente; inoltre non bisogna
sottovalutare il sentimento di appartenenza ad un gruppo e le frequentazioni di
delinquenti o di coetanei aggressivi che spingono l’individuo a diventare
aggressivo. In ogni caso l’uomo cerca di tenere sotto controllo l’emozioni come
la collera, la paura e l’odio, tenendo conto del fatto quest’emozioni molto
spesso sono utili per organizzare una difesa oppure di attaccare quando ciò si
rivela indispensabile.
Basi biologiche dell’aggressività
L’aggressività è un aspetto complesso della personalità. Molti studiosi si chiedono se
l’aggressività deve essere considerata un comportamento istintivo che fa parte
della natura animale o umana oppure sia legata all'ambiente o alla motivazione
o frustrazione personale. In realtà entrambe le teorie possono essere
considerate positive poiché sull'aggressività incidono diversi fattori in tempi
circostanze diverse. Secondo i primi ricercatori sperimentalisti, ma
soprattutto secondo alcuni psicologi, può esistere un forte legame tra
frustrazione e l’aggressività: per frustrazione bisogna intendere quelle
situazione che impedisce oppure ostacola il soggetto a realizzare i propri
obbiettivi e questo impedimento produce la frustrazione e genera la reazione
aggressiva, altri studiosi sottolineano come sono importanti studiare il
proprio ambiente di vita per competere l’aggressività e questo tipo di
apprendimento di comportamenti e particolarmente importante nell'infanzia
quando i bambini imparano molto imitando gli adulti; per esempio se un bambino
vede che suo padre bastona qualcuno sarà incoraggiato a ripetere questo
comportamento, come forma di violenza proposto dagli adulti nel dirimere i
conflitti; in ogni caso i modelli dei quali il bambino apprende i comportamenti
possono essere classificati in tre categorie: il bambino può imparare in
famiglia nel suo ambiente di vita, come la scuola oppure dai mass media come la
televisione. Invece secondo Freud l’aggressività si trova in ognuno di noi e si
basa sull’impulso di morte o di distruzione che si contrappone all’impulso di
vita o di creatività anch’esso innato nel nostro sistema psicofisico. La
pulsione di morte spiega il masochismo e l’auto distruzione, come pure è
responsabile del sadismo delle tendenze distruttive e delle aggressioni.
Secondo Freud la pulsione di morte e la pulsione di vita agiscono in simbiosi:
infatti la pulsione di vita si base sull'aggressività per raggiungere i suoi
fini e nello stesso tempo la pulsione di morte ha bisogno dell’ascendente aggressivo
per essere soddisfatta. Spesso in oltre si accetta l’aggressività quando questa
viene messa al servizio di una buona causa e invece di essere vista come forza
distruttiva diventa uno strumento per raggiungere dei risultati accettabili
dalla società. Secondo altri studiosi il sentimento dell’aggressività deve
essere collegato al concetto di narcisismo: il narcisismo, ovvero l’individuo
completamente concentrato su se stesso non tollera l’altro, tutti coloro che
ottengono qualche successo e come una reazione ai propri timori, quali stati
depressivi o sensi d’inferiorità pena di dominare su tutti e di vendicarsi
senza limiti anche per umiliazioni immaginari. Alcuni proposi studiosi rabbia
narcisistica fanno riferimento a quei fenomeni di psicologia collettiva che
nella prima metà del 900 favorirono l’avvento del narcisismo in Germania:
infatti è facile che alla radice alla personalità assolutista e tirannica ci
sia un inguaribile narciso. Secondo un altro impostazione gli abusi e i traumi
subiti nell'infanzia come i maltrattamenti le separazioni le crisi famigliari, possono innalzare il livello di aggressività individuale non solo nell'infanzia
ma anche in età adulta. Infatti un buon attaccamento vissuto nelle prime fasi
della vita a contatto con almeno una figura amorevole pone le basi per un
equilibrio psicologico e quando si struttura nell'ambito della famiglia un
modello operativo fondato da un attaccamento sicuro, si costruisce una persona
mite, forte e determinata e il bambino può affrontare le competizioni con i
propri figli in maniera serena. Inoltre secondo l’etologo Lorenz l’aggressività
è un istinto presente sia nell'uomo come negli animali è una forma di energia
che si accumula e si carica secondo un concetto idraulico; metafora e quella
dell’acqua contenuto in un sifone che una volta raggiunta un certo livello
viene scaricata automaticamente e secondo questo modello quando l’aggressività
raggiunge un segnale di guardia deve essere scaricata; un altro etologo allievo di
Lorenz è convinto dell’utilità del comportamento aggressivo ai fini della
conservazione della specie e frutti di una serie di adattamenti: egli fa una
distinzione tra l’aggressività degli animali e dell’aggressività degli esseri
umani e sostiene che il comportamento animale è rigido e tende a soddisfare
bisogni primari, quello dell’uomo è un comportamento (culturale), perché l’uomo
è attratto da tutto ciò che appartiene alla cultura e quindi è spinto dal
desiderio di sapere; tutta via gli etologi hanno portato molti esempi di
aggressività umana che ripete modelli animali come ad esempio la lotta per il
possesso del territorio, la competitività e l’invidia. Sul fatto del controllo
dell’aggressività gli etologi sono divisi e si pensa geneticamente possono
essere controllata attraverso una morale responsabile. Invece il secondo studio
sulle cause ambientali del comportamento aggressivo si sottolinea come il
malessere fisico dovuto al caldo all’inquinamento ai rumori intensi
all’insonnia, abbassa la soglia della tolleranza e favorisce l’aggressività: si
stabilisce una relazione tra lo stress e l’aggressività e agli stress fisici
vanno aggiunti anche quelli a carattere psicologico o emotivo come gli
insuccessi i maltrattamenti l’emarginazione che facilitano lo sviluppo
dell’aggressività. Nell’aggressività giocano un ruolo rilevante sia i fattori
endogene cioè legati alla personalità dell’aggressore e i fattori esogeni
riferiti al contesto socio culturale e all’ambiente.
Francesco De Sanctis: la mancanza d’istruzione
Francesco
De Sanctis si forma come letterato attraverso insegnamenti privati a Napoli e
nel periodo che va dal 1848-1849 fu relatore della commissione di riforma dell’insegnamento
primario e secondario nel regno delle due Sicilie; egli propone la creazione di
“scuole normali” per la preparazione soprattutto dei maestri in Italia, questa
denominazione sopravvivrà per indicare ancora oggi una formazione dei docenti o
carattere universitari; inoltre egli propone la diffusione della scuola
elementare obbligatorio e gratuita e l’istituzione di una scuola secondaria
tecnica scientifica. Fu nominato da Cavour ministro dell’istruzione del nuovo
governo dell’Italia Unita ed egli, come pure Cattaneo mette in evidenza i
difetti della legge Casati, la prima legge sull'insegnamento pubblico che
veniva criticata soprattutto per la prevalenza dell’istruzione classica su
quella tecnica e professionale e per l’assenza dell’aspetto patriottico; per tanto De Sanctis cercava di far valere i
critici di decentramento e di diffondere la scuola elementare e di migliorare
la formazione degli insegnamenti. Questi progetti però non ebbero successo soprattutto
come critico letterario e docente universitario di grande valore e favorevole
ad una letteratura di veri contenuti; il suo motto era “cose e non parole”,
inoltre propone una didattica fondata sull'interesse e sulle esperienze
personale dell’allievo con l’intenzione di trasformare le lezioni in
laboratori: questo dimostra la grande modernità della sua visione dell’attività
di docente. De Sanctis aveva messo in evidenza l’insufficienza di tutte le
riforme di legge adottate per migliorare la qualità dell’istruzione e soprattutto
sottolinea come l’istruzione elementare deve essere vista come possibilità di
un riscatto politico del popolo, soprattutto di quelle plebi meridionali che
soffrono della mancanza d’istruzione.
Ardigò Roberto: la formazione naturale del fanciullo
Ardigò
Roberto definisce la pedagogia come “scienza dell’educazione”, che si
deve fondare sul fatto educativo; egli sostiene che tutto è formazione naturale
e lo sviluppo del fanciullo coincide con una formazione che deriva sia da predisposizione
ereditarie e sia dall'ambiente, secondo Ardigò le matrici dell’educazione sono
la famiglia, la chiesa, la scuola, lo Stato, l’educazione è il risultato sia
dell’abitudine che dell’esperienza; nel processo informativo sono importanti
gli stimoli che devono essere ricercati dal maestro e l’alunno deve apprendere
seguendo la propria esperienza senza basarsi sulla parola del maestro, in
sostanza l’insegnamento deve seguire il metodo intuitivo e l’intuizione può
manifestarsi in diversi modi cioè, può essere quella naturale che si basa sull'esperienza
dell’alunno e sul gioco, può essere artificiale o quella stimolata dal
maestro attraverso una serie di esperienze e può essere anche quella indiretta
che si utilizza quando quella naturale non può essere sfruttata e quindi si fa
ricorso ad insegnamento tradizionale fondato essenzialmente su schemi e immagini.
Inoltre Ardigò sostiene nell'importanza metodologica il maestro deve rispettare
tre principi fondamentale passare dal noto all'ignoto, dal semplice al
complesso e dal facile al difficile. L’importanza fondamentale viene attribuito
dall'autore dell’educazione morale che comprende tutti quei comportamenti da
tenere nel rispetto dell'handicap radicata in un determinato territorio in un preciso
momento storico: in realtà Ardigò afferma l’obbiettivo dell’educazione morale e
che il bambino si abitua a compiere liberamente il bene, per propria convinzione.
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