Ferrante Aporti: primo istitutore degli asili d’infanzia in Italia



Ferrante Aporti nasce nel 1791 in provincia di Mantova e nel 1828 fonda la prima scuola infantile italiana dai 2 ai 6 anni ed opera in un momento storico, caratterizzato dalla nascita di diverse iniziative a favore dell’istruzione e dell’educazione dei fanciulli. Ferranti Aporti vede nell’asilo non solo una forma di assistenza dovuta all’infanzia ma anche un opera di prevenzione sociale e di prima educazione dei fanciulli, specialmente di quelli appartenenti alle classi sociali più povere che rischiano in seguito di non poter frequentare le altre istituzioni scolastiche per gli evidenti problemi economici. L’autore mette in evidenza gli errori che caratterizzano l’educazione infantile e soprattutto il metodo violento che veniva praticato ai fini dell’apprendimento; inoltre si metteva in evidenza che il personale incaricato di in custodire gli alunni non aveva nessuna preparazione pedagogica. 

Aporti quindi sostiene che la personalità infantile ha bisogno di uno sviluppo armonico e graduale ed il percorso informatico si suddivide in tre momenti e cioè quello fisico quello intellettuale e quello religioso; per quanto riguarda il primo egli ritiene che siano necessaria l’educazione fisica proprio perché gli uomini deboli e malaticci sono inutili allo Stato, inoltre le loro facoltà intellettive sono scarse: però gli esercizi ginnici devono essere svolti senza imposizioni, perché secondo Aporti il bambino deve manifestare piacere dell’esecuzione dell'esercizio stesso e deve soprattutto voler rifare insieme ai compagni. All’educazione fisica si abbina l’educazione intellettuale che riguarda soprattutto l’insegnamento della lingua e l’utilizzo del metodo “dimostrativo” che consiste nel mostrare ai fanciulli gli oggetti per farglieli osservare e quindi memorizzare con i loro nomi. Per quanto riguarda l’insegnamento della lingua Aporti propone una lingua viva (una lingua parlata) e quindi l’utilizzo delle conversazioni anziché le astratte regole grammaticale ed insiste sulla necessità di insegnare la lingua nazionale. 

La lettura e la scrittura vengono insegnate in maniera rudimentale solo nel l’ultimo anno di frequenza della scuola infantile; pure il calcolo viene appreso, attraverso la numerazione di oggetti concreti e sempre nel corso dell’ultimo anno si apprendono le quattro operazioni. Per quanto riguarda la religione e la morale Aporti assegna molta importanza allo studio della storia sacra al fine di formarsi seguendo un etica religiosa. 

I critici hanno evidenziato come gli asili strutturati secondo lo schema di Aporti sostanzialmente hanno la stessa struttura di una scuola elementare, dove ci sono orari e dove il gioco in se ha poco rilievo; tutto questo si spiega perché l’autore aveva il timore che i fanciulli più poveri non avessero altra possibilità di istruzione scolastica. In sostanza il merito maggiore di Aporti è stato quello di avere richiamato l’attenzione della società del tempo sul problema dell’educazione precoce dei poveri che avrebbero rappresentato sicuramente un fattore di processo civile e di rinascita della nazione. Comunque i limiti degli asili aportiani venivano superati dal kindergarten di Frobel come modello educativo per l’infanzia che verrà utilizzato successivamente dalle sorelle Agazzi e ispirerà sopratutto la pedagogia scientifica di Maria Montessori   

   

Pestalozzi: l’educazione pratica



Nasce a Zurigo nel 1746 da una famiglia di origine italiana in cui il padre un famoso chirurgo muore quando lui aveva solo 6 anni: così egli e suoi due fratelli vengono educati dalla madre e questa vicenda segnerà profondamente la concezione di Pestalozzi sul ruolo educativo della madre. Ad un certo punto della sua vita Pestalozzi influenzato dalla società patriottica abbandona la fede e si dedica alla rivolta politica, per realizzare l’ideale del miglioramento delle condizioni dei lavoratori da raggiungere attraverso una riforma dell’agricoltura. Così nel 1768 ebbe inizio l’esperimento di Neuhof, la fattoria edificata su terreni di Pestalozzi allo scopo di realizzare i suoi ideali; ma questo esperimento fallì e Neuhof fu trasformata in colonia agricola per bambini abbandonati da educare al lavoro e alla vita. Nel 1781 viene pubblicato il primo libro del romanzo pedagogico “Leonardo e Gertrude”; inoltre ricordiamo anche tra le sue opere lo scritto sulla legislazione e l’infanticidio che costituisce una accusa contro l’indifferenza delle leggi verso la povertà e la disgregazione del nucleo famigliare. 

Pestalozzi legge molto il pensiero di Rousseau ed eredita da lui il concetto, una educazione conforme alla natura dell’educando. In sostanza secondo Pestalozzi sia la società sia l’individui possono attraversare tre fasi: dallo stato di natura, caratterizzato dal bisogno e dall’egoismo, l’uomo passa allo stato sociale in cui l’individui socializzano in maniera dialettica e proprio lo stato sociale che nell’individuo nasce il concetto di moralità, che tende ad armonizzare la propria vita con quella degli altri. Secondo Pestalozzi le agenzie formative sono la famiglia, la scuola, l’ambiente lavorativo e la chiesa: il ruolo pedagogico della famiglia e certamente centrale anche se la famiglia deve essere affiancata alla scuola e allo stato, anche se è evidente nell’autore la necessità di una educazione polare per la realizzazione di una educazione di una società giusta. 

La concezione pedagogica elaborata da Pestalozzi viene illustrata nella sua opera, dal titolo Leonardo e Gertrude, che è uno dei grandi romanzi pedagogici del romanticismo; si può fare un paragone con i promessi sposi con cui viene condiviso l’impegno civile e pedagogico e la scelta degli umili come protagonisti. Il racconto si svolge in un villaggio immaginario in cui il podestà domina la popolazione con la corruzione aiutato dai ricchi agricoltori. Tra i suoi vittime troviamo Leonardo che si sta perdendo nell’ozio e nell’ubriachezza, ma sua moglie Gertrude chiede al feudatario del terreno di aiutare Leonardo e così gli affida il compito di costruire la nuova chiesa. In tanto ci si convinse che il miglioramento del villaggio è possibile solo se si evoca il popolo a migliorare la propria vita materiale, e così venne realizzato un progetto educativo in cui la scuola doveva essere a tempo pieno, i bambini dovevano imparare lavorando al telaio e apprenderanno in maniera attiva lettura e scrittura utilizzando dei sussidi didattici inventati; inoltre si richiede l’ordine non solo all’interno ma anche all’esterno della scuola e di conseguenza si dimostra che quest’ordine può essere esteso anche allo stato. Intanto nel quarto libro si evidenzia come c’è una umana tendenza al male ed è necessario quindi che ci sia una educazione che contrasti questa tendenza. Nel modello educativo di Pestalozzi è evidente il ripudio del verbalismo e la necessità invece di una educazione concreta che presuppone di solito nel docente una severa preparazione professionale; nel ambito della famiglia ma anche nella scuola ognuno deve riconoscere la propria dignità e la scuola stessa deve essere vista come una palestra in cui ognuno possa avere un riconoscimento sociale a prescindere dalle condizione economiche. Nel romanzo Leonardo e Gertrude la figura femminile rappresenta la dimensione famigliare e materna dell’educazione. A Neuhof fallisce l’iniziativa agricola e la filanda di cotone viene utilizzata per avviare i fanciulli poveri, sottratti all’accattonaggio e al vagabondaggio ad una istruzione di base o un impegno manuale; si realizza una unione tra insegnamento e attività pratica. 

Ovviamente questi bambini orfani pongono a Pestalozzi una serie di problemi pratici e teorici: c’è soprattutto una situazione di grave emergenza e si avverte la mancanza di collaboratori qualificati; per cui l’educatore Pestalozzi ricorre al mutuo insegnamento, inteso come un mezzo di aiuto per l’insegnante poiché permette di affidare in parte la didattica agli alunni più dotati, finché ne rendono partecipi i compagni più deboli. Inoltre secondo Pestalozzi per l’insegnante è impossibile insegnare tutto a tutti, per cui è necessario che i genitori si sostituiscono al maestro e gli alunni possono apprendere in maniera autonoma. 

Importante anche ricordare la teoria delle tre facoltà, elaborata nell’altra opera dal titolo le indagini, queste facoltà sono il cuore che rappresenta la facoltà morale, l’intelletto che riguarda l’attività conoscitiva e l’arte che corrisponde all’attività tecnico. 

Pratica: l’educazione di ogni persona non può prescindere da queste facoltà. L’intervento educativo secondo Pestalozzi con l’azione della madre e continua con l’attività dell’insegnante che deve offrire ai discenti l’apprendimento con gradualità, cioè dal semplice al complesso e soprattutto deve partire dall’esperienza del fanciullo. Il metodo adottato dal docente deve essere sostanzialmente intuitivo: il metodo intuitivo consiste in una didattica che presuppone una esperienza diretta e concreta da parte dell’educando. Nel insegnamento fondato da questo metodo assumano particolare rilievo l’aritmetica e il calcolo, la geometria e il disegno e la lingua. Per Pestalozzi il “fare” è una componente essenziale nella vita infantile, per cui ritiene che sarebbe opportuno introdurre nelle ultime ore di insegnamento delle vere proprio ore di lavoro: il lavoro manuale viene inteso come vera e propria ginnastica intellettuale e include attività come la falegnameria o il giardinaggio.