Storicamente l’Italia nella fase post-unitaria risente anche
dei problemi dal punto di vista scolastico: il problema maggiore consiste nel
fornire agli italiani un grado minimo di istruzione e di coscienza civile per
rendere possibile la partecipazione consapevole alla vita del paese; il primo
censimento post-unitario (anno 1861) testimonia che l’Italia ha un tasso di analfabetismo
pari a 75% e questa situazione è presente soprattutto relativamente alle donne:
tutto ciò perché l’istruzione elementare era scarsamente diffusa e questa
situazione continuerà fino agli inizi del novecento, soprattutto perché i
comuni incontravano difficoltà nel reputare maestri competenti. Infatti vi
erano molti insegnanti poco preparati e nello stesso tempo mal pagati che erano
costretti a svolgere altre attività per integrare lo stipendio. Quindi in questo
contesto negativo dal punto di vista economico politico culturale e scolastico si
inserisce il tentativo del positivismo di a frodare i problemi della società in
modo realistico. Così si delinearono diversi soluzioni e diversi progetti per
rispondere alla richiesta di avere un istruzione obbligatoria laica e
scientifica. Questo programma realizzato da Ardigò e Gabelli riguarderà l’attività
didattica per alcuni decenni, finché l’attivismo pedagogico non evidenzierà i
rischi del formalismo nel processo educativo.
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