Ardigò Roberto: la formazione naturale del fanciullo
Ardigò
Roberto definisce la pedagogia come “scienza dell’educazione”, che si
deve fondare sul fatto educativo; egli sostiene che tutto è formazione naturale
e lo sviluppo del fanciullo coincide con una formazione che deriva sia da predisposizione
ereditarie e sia dall'ambiente, secondo Ardigò le matrici dell’educazione sono
la famiglia, la chiesa, la scuola, lo Stato, l’educazione è il risultato sia
dell’abitudine che dell’esperienza; nel processo informativo sono importanti
gli stimoli che devono essere ricercati dal maestro e l’alunno deve apprendere
seguendo la propria esperienza senza basarsi sulla parola del maestro, in
sostanza l’insegnamento deve seguire il metodo intuitivo e l’intuizione può
manifestarsi in diversi modi cioè, può essere quella naturale che si basa sull'esperienza
dell’alunno e sul gioco, può essere artificiale o quella stimolata dal
maestro attraverso una serie di esperienze e può essere anche quella indiretta
che si utilizza quando quella naturale non può essere sfruttata e quindi si fa
ricorso ad insegnamento tradizionale fondato essenzialmente su schemi e immagini.
Inoltre Ardigò sostiene nell'importanza metodologica il maestro deve rispettare
tre principi fondamentale passare dal noto all'ignoto, dal semplice al
complesso e dal facile al difficile. L’importanza fondamentale viene attribuito
dall'autore dell’educazione morale che comprende tutti quei comportamenti da
tenere nel rispetto dell'handicap radicata in un determinato territorio in un preciso
momento storico: in realtà Ardigò afferma l’obbiettivo dell’educazione morale e
che il bambino si abitua a compiere liberamente il bene, per propria convinzione.
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